Ghost Of Yotei: La Recensione - Crescita, potere e possibilità

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Crescita, potere e possibilità

La progressione di Atsu si snoda su più fronti. Al classico albero delle abilità si affiancano i percorsi legati agli stili di combattimento e ai “retaggi spirituali”, che permettono di sbloccare abilità speciali collegate a entità ancestrali (Onryō, lupi neri, maschere rituali) e a tecniche esoteriche. Queste non sfociano mai nel soprannaturale puro, ma colorano il gameplay con variazioni significative — un calcio che rompe la guardia, un affondo che ignora le parate, un contrattacco che stordisce.Il sistema di equipaggiamento, più raffinato che in passato, consente di personalizzare set di armature con modificatori passivi — bonus a stamina, danni da stealth, rigenerazione — e il sistema di talismani è stato rivisto per integrarsi meglio con il proprio stile. La sensazione di crescita è costante, e si accompagna a una curva di difficoltà ben gestita, che invita a sperimentare ma non forza grinding o raccolta forzata.

Ezo: un mondo ostile ma vivo

L’esplorazione è una delle sorprese più riuscite di Ghost of Yōtei. Ezo non è semplicemente “una mappa più grande” — è una mappa più densa, con una verticalità accentuata e una gestione del clima che influenza visibilità, spostamenti e comportamenti nemici. Le tempeste di neve riducono l’audio direzionale, i boschi ghiacciati offrono copertura ma nascondono anche pericoli. La natura non è solo cornice, è presenza. Le missioni principali sono costruite con grande attenzione alla regia e al ritmo: spesso si alternano fasi esplorative a sezioni di infiltrazione, per culminare in scontri narrativi dove il gameplay e la storia si fondono con efficacia. Le missioni secondarie, invece, soffrono ancora una certa ripetitività, soprattutto nella fase centrale del gioco: sebbene ben recitate e ambientate, non sempre presentano meccaniche uniche o colpi di scena memorabili.

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A livello tecnico e artistico, Yōtei rappresenta il picco produttivo di Sucker Punch. Le tre modalità visive — Kurosawa (b/n grainy), Miike (gore, saturazione spinta) e Watanabe (colonna sonora lo-fi, colori desaturati, camera ravvicinata) — non sono semplici gimmick estetici, ma veri e propri modi di vivere il gioco. È raro vedere un’implementazione tanto coerente di uno stile visivo e sonoro che impatta anche sull’esperienza di gioco. Le animazioni sono fluide e pesanti dove serve; la risposta e l’utilizzo del DualSense è ottimamente calibrata e dà feedback tattili fantastici durante i colpi, le parate, le cavalcate ed i minigiochi. Su PS5 standard il frame rate è stabile a 60fps in modalità performance, con qualche calo isolato durante tempeste o scene di massa; su PS5 Pro il ray tracing resta attivo senza sacrificare la fluidità. Unico neo della produzione risultano ancora una volta essere le espressioni facciali, soprattutto nei dialoghi, dove si nota una particolare rigidità ed arretratezza.

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